Alla ripresa degli allenamenti delle squadre giovanili delle Aquile, incontriamo l’head coach del settore junior Stefano Zucchelli per una breve intervista.

D. tra poco più di un mese avrà inizio il campionato di football Under 16, a che punto è la preparazione?
R. Abbiamo completato la prima settimana di allenamento dopo la pausa estiva e il gruppo sta crescendo sotto il profilo numerico, grazie all’attività di reclutamento della società. Siamo tuttora alla ricerca di ragazzi che siano disposti a mettersi in gioco e con voglia di imparare un nuovo, bellissimo sport. Contrariamente a quanto si pensi, non è necessaria una struttura fisica imponente, per giocare a football serve soprattutto cuore e spirito di sacrificio.
D. il football viene riconosciuto come uno sport relativamente violento, ma che allo stesso tempo insegna il rispetto per l’avversario. E’ veramente così?
R. Il nostro sport ha attraversato negli ultimi due decenni una notevole trasformazione, che è partita da nuove regole studiate negli USA per renderlo più sicuro e che ha quindi modificato profondamente la tecnica di gioco e i metodi di allenamento e insegnamento. Anche nel nostro paese il football è molto cambiato. I giocatori della mia generazione, gli anni 80, avevano un tasso di infortunio praticamente del 100%. Se fosse ancora così, non credo permetterei ai miei due figli di giocare. Oggi gli incidenti gravi sono solo un lontano ricordo e, grazie anche a protezioni molto migliori, è veramente raro che un giocatore debba uscire dal campo per infortunio. Quel che rimane è uno sport di una bellezza atletica unica. Gli americani dicono che il football non forma il carattere, lo rivela. E io sono d’accordo: in squadra abbiamo dei ragazzi eccezionali.
D. sei tornato ad allenare negli ultimi anni dopo una lunga pausa, dopo l’esperienza con la prima squadra allenerai la giovanile, che stimoli comporta allenare i giocatori del futuro?
R. Nella mia pausa dal football mi sono comunque sempre occupato di allenare giovani atleti in altre discipline. Per me lavorare con i ragazzi, dargli un indirizzo di morale sportiva e aiutarli a crescere, è la cosa più appassionante che ci sia. Prima che campioni devono imparare a essere uomini, guadagnarsi il posto in campo e, soprattutto, il rispetto dei compagni e degli avversari. Il football, come tutti gli sport di contatto, è uno sport che tira fuori il meglio da ogni giocatore, che deve essere disposto a sacrificarsi per i propri compagni. La disciplina è fondamentale per ottenere dei risultati, e l’individualismo sul campo porta solo problemi.
D. come genitore, cosa trasmette il football ai tuoi figli? E quali insegnamenti ne traggono?
R. La cosa principale che vorrei gli venisse trasmessa, semplicemente, è l’appartenenza a un gruppo di amici che si diverte in allenamento (e fuori) e che combatte assieme ogni partita fino all’ultimo down. Questa fratellanza è quello che il football ha lasciato a me e a tutti i giocatori che hanno vestito la maglia delle Aquile. I miei amici più cari, ancora oggi, sono quelli che ho conosciuto sul campo. Se un giorno i miei figli si saranno guadagnati il rispetto dei loro compagni e la loro amicizia, io sarò più che contento, e lo saranno anche loro.
D. Da ex giocatore sei stato te a convincere i tuoi figli a giocare o son stati loro a chiedertelo?
Sinceramente non saprei rispondere. Di sicuro non ho mai spinto perchè iniziassero a giocare, ma il fatto di essere cresciuti con palloni ovali che giravano per casa in qualche modo li avrà pur influenzati. E’ venuto tutto abbastanza naturale, diciamo. Comunque sia, è veramente singolare anche quando e quanto succeda il contrario, e cioè quanto si appassionino al football anche i genitori dei nostri giovani giocatori. Questo sport è talmente bello da creare dipendenza, una volta che ci sei arrivato, non riesci più a farne a meno. Ripeto l’invito: ragazzi, se avete voglia di mettervi alla prova, la grande famiglia delle Aquile vi aspetta a braccia aperte.
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