UN AQUILOTTO IN U.S.A.

 

E’ successo tutto molto in fretta. Il giovane linebacker delle Aquile Edoardo Cioni, una vera promessa del football italiano, nella scorsa primavera ha disputato un match con la nazionale Under 19 contro una rappresentativa di pari età statunitensi. Notato per le sue capacità tecniche e fisiche dal coaching staff americano, gli è stato proposto quello che si può definire un vero e proprio sogno a occhi aperti: un invito a unirsi al team della Clearwater Academy, istituto internazionale a livello high school, con sede a Clearwater in Florida. E così poche settimane dopo, in giugno, Edoardo è volato negli Stati Uniti, dove rimarrà fino a dicembre. Le sue giornate sono fatte di allenamenti, lezioni scolastiche e da tante nuove conoscenze, un bagaglio inestimabile di esperienze che sicuramente resterà con lui per sempre.
D. Ciao Edo, raccontaci qualche dettaglio della tua avventura americana.
R. Il 14 giugno sono arrivato qui a Clearwater, è una città poco più grande di Ferrara, conosciuta per quella che dicono essere la miglior spiaggia del Paese ed anche per il curioso primato di capitale dei fulmini. Gioco per i Knights, la squadra della scuola, che fino all’anno scorso partecipava a un campionato a 8 giocatori. Non avendo perso una sola partita da ormai diversi anni, per la nuova stagione è stato quindi deciso di passare a un livello più elevato, un campionato a 11 giocatori, con l’obiettivo di raggiungere il primo posto nelle scuole della Florida. Devo ringraziare la mia famiglia e le Aquile per il sostegno in questa avventura.
D. Come sono organizzate le tue giornate?
R. Sono qui assieme ad altri quattro ragazzi italiani che avevo conosciuto durante i raduni della nazionale. Condivido con due di loro una dependance della casa della famiglia che ci ospita, e mi trovo molto bene. La scuola che frequento non è enorme e ci sono studenti provenienti da tutto il mondo. Il clima al suo interno è piacevole e sono tutti davvero molto ben educati. La mattina mi sveglio molto presto, alle 5, e vado in sala pesi, poi una telefonata alla mia bellissima fidanzata in Italia e alle 9 iniziano le lezioni. Il pomeriggio ci alleniamo in campo per tre ore, dalle 15 alle 18 tutti i giorni, salvo il venerdì che è il giorno della partita. Il sabato e la domenica li dedichiamo invece alla corsa e all’atletica.
D. Cosa apprezzi di più degli U.S.A.?
R. La cosa che amo di più è la grande importanza che viene attribuita allo sport, che viene trasmesso in tv di continuo, anche nei ristoranti. C’è grandissima sportività anche tra tifosi di squadre rivali. Pensa che, durante l’ultima partita, le nostre cheerleaders hanno deciso di unirsi a quelle della squadra avversaria e tenere una dimostrazione improvvisata assieme. Ma la cosa che più ho apprezzato è l’acclamazione dei giocatori da parte delle persone della città, ovunque, anche per strada. Ti accolgono a braccia aperte e ti ringraziano per ciò che fai in campo, incentivandoti a migliorare sempre più. Adoro questa squadra, è composta da ragazzi di grande spirito, instancabili e con tanta voglia di vincere e penso che sia l’atteggiamento corretto con cui scendere in campo. Sono ragazzi che mi hanno insegnato a dare il massimo, sempre e comunque, e sono convinto che imparerò ancora molto da loro; si impegnano moltissimo per ottenere una borsa di studio in college importanti. In questo campionato abbiamo l’occasione di giocare contro squadre molto forti, qualificate tra le 250 migliori in tutto il Paese: penso che potremo andare lontano con ragazzi con una simile voglia di vincere.
D. Quali sono le differenze che hai riscontrato tra il football nostrano e quello “originale”?
R. La differenza più evidente è di sicuro la velocità di gioco. Qui sono tutti davvero molto rapidi, mentre in Italia si pratica un football più fisico e lento. Quando rientrerò a casa spero di poter aiutare la mia squadra con ciò che ho imparato da questa esperienza. Inoltre ho imparato l’importanza di frequentare costantemente la palestra e di allenarmi con continuità. Sempre senza trascurare ovviamente fidanzata, famiglia e scuola, che per me restano le cose più importanti.
Vorrei dire ai ragazzi che condividono la mia stessa passione di impegnarsi sempre al massimo, perché nel football è proprio come quel vecchio detto “chi semina, raccoglie”. Auguro a tutti di poter fare un’esperienza come la mia, magari avendo l’opportunità di frequentare poi il college e, perché no, arrivare alla NFL!

 

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